La sola fattura della riparazione non è prova del danno (e nemmeno del quantum)

La sola fattura della riparazione non è prova del danno (e nemmeno del quantum)
28 Febbraio 2018: La sola fattura della riparazione non è prova del danno (e nemmeno del quantum) 28 Febbraio 2018

Il proprietario di un veicolo danneggiato in occasione di un incidente stradale ha impugnato per cassazione la sentenza del Giudice d’appello che gli aveva negato il risarcimento del danno emergente patito per le spese della riparazione del medesimo veicolo. La Cassazione civile, con l’ordinanza n. 3293/2018, ha rigettato il ricorso rammentando come sia “principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la fattura non costituisce, di per sé, prova del danno, tanto più se non è accompagnata da una quietanza o da un'accettazione ( v. Cass., 20/7/2015, n. 15176; Cass., 19/7/2011, n. 15832 ) e se proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla”. In altre occasioni la Corte aveva da un lato lapidariamente osservato che “in tema di risarcimento del danno conseguente a sinistro stradale, la produzione della fattura delle riparazioni non basta ad assolvere l'onere probatorio se non è accompagnata da una quietanza o da un'accettazione” (Cass. civ. n. 15176/2015). Dall’altro aveva affermato che “le scritture proveniente da terzi estranei alla lite non hanno efficacia di prova piena in ordine ai fatti da esse attestati e possono contribuire a fondare il convincimento del giudice solo unitamente ad altre circostanze che ne confortino l'attendibilità. (Nella specie, è stato escluso che la fattura, pur quietanzata, relativa al noleggio di un'autovettura sostitutiva per il tempo richiesto dalla riparazione di quella danneggiata in occasione di un sinistro stradale, fosse idonea a supportare la richiesta di rimborso avanzata dal proprietario, trattandosi di scrittura proveniente da terzi non accompagnata da altri elementi di prova)” (Cass. civ. n. 23788/2014). A maggior ragione non è dunque prova del danno la fattura emessa dal riparatore cessionario del credito risarcitorio, non essendo egli un “terzo estraneo alla lite”. La decisione in questione offre lo spunto per rammentare che la fattura del riparatore, in realtà, non è nemmeno prova dell’ammontare del danno, se questo è contestato, come la stessa Corte di cassazione ha già avuto modo di pronunciare: “Poiché il risarcimento del danno patrimoniale ha la funzione di reintegrare il patrimonio del danneggiato nella esatta misura della sua lesione, le spese sostenute per le riparazioni dell'autoveicolo, che ha subìto danni in un incidente stradale, sono rimborsabili solo per la parte che corrisponde ai correnti prezzi di mercato, a meno che il maggiore esborso non sia giustificato da particolari circostanze oggettive (ad esempio: esistenza nella zona di una sola autofficina qualificata) e queste siano state provate dall'interessato, che non può di conseguenza, a fondamento della sua pretesa risarcitoria, limitarsi a produrre la documentazione di spese, da lui sostenute, non corrispondenti ai costi correnti, secondo una valutazione del giudice di merito, fondata su nozioni di comune esperienza o su dati acquisiti con consulenza tecnica di ufficio. (Nella fattispecie la parte ricorrente aveva rilevato una divergenza tra le spese per la riparazione del veicolo, quali risultanti dalla fattura prodotta, e i prezzi medi correnti in una determinata provincia e praticati dalle carrozzerie ivi operanti in relazione, in particolare, al costo della manodopera)” (Cass. civ. n. 9942/2016).

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